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Zoccoli e passi: il ViaggioLento di un cantastorie nel Pollino

 

di Emanuela Michini

 

C’erano una volta un cantastorie e la sua asinella: la storia di Biagio Accardi e di Cometa Libera potrebbe cominciare così, perchè ha il sapore di una favola antica.Passo dopo passo, zoccolo dopo zoccolo, il prossimo 10 Giugno l’artista cosentino e la sua compagna inizieranno un ViaggioLento, raggiungendo a piedi alcuni borghi antichi del Parco Nazionale del Pollino, compresi nella zona dell’Alto Tirreno cosentino.Alla maniera dei vecchi cantastorie, Accardi porterà nelle piazze il suo spettacolo itinerante “Cantu e Cuntu …e mi ni fricu”, partendo dal suo paese di origine Tortora.
Lo spettacolo.Costruito sul filo della memoria, “Cantu e Cuntu… e mi ni fricu” è uno spettacolo suggestivo che rimanda a valori e temi della tradizione popolare, ma non solo. “Uno spettacolo, -spiega l’artista, -dove la musica non ha solo un valore estetico, ma è parte integrante di un mondo e ne scandisce i ritmi di vita”. Così Accardi, utilizzando anche strumenti antichi come la lira bizantina, la chitarra battente e i tamburi a cornice, propone leggende, filastrocche, serenate e canti che un tempo accompagnavano il quotidiano. Un lavoro frutto di ricerca storica e documentazione al quale il cantastorie ha aggiunto la figura della maschera, tipica della commedia dell’arte.Tuttavia l’artista sottolinea l’attualità dei “pueti-cantastorii” e nel suo blog spiega: “La tradizione dei cantastorie, che vanno di villaggio in villaggio, sulle piazze o nei teatri, accogliendo la folla con i loro versi e le loro cantilene, non si è mai interrotta. Nel Sud Italia, in particolare, la loro attività è ancora rigogliosa, arricchita di nuove prospettive e tematiche. Già negli anni sessanta Carlo Levi ebbe modo di apprezzare in questa figura l’unica forma d’informazione, di denuncia sociale e di spettacolo” .

Origini e influenze. “L’idea del ViaggioLento, -continua Accardi, -mi  venuta leggendo un’opera di Mauro Geraci “Le ragioni dei cantastorie. Poesia e realta’ nella cultura popolare del Sud” (Il Trovatore, Roma 1996). E poi cita altri due artisti viventi Nino Racco, dal quale ha attinto l’idea della maschera e Otello Profazio, vero punto di riferimento nel Sud Italia, considerato dai suoi colleghi il Principe dei cantastorie.Accardi, membro dell’associazione culturale CattivoTeatro, parla quindi della sua formazione artistica: “Io nasco suonatore, non musicista, -tiene a precisare-, che musicista sa di ambiente colto”.  E poi racconta l’esperienza teatrale con Racco e la collaborazione con l’associazione cosentina CattivoTeatro e ancora il ruolo di cantautore nel gruppo etno-mediterraneo Fuocu.Viaggio e obiettivi. Non è nuovo all’esperienza del ViaggioLento Accardi, l’iniziativa è infatti alla sua seconda edizione. “L’anno scorso con l’asina Genoveffa abbiamo percorso circa 300 chilometri con una media di 20 chilometri al giorno. Il nostro arrivo nei paesi era un’attrattiva per giovani e anziani: i bambini entusiasti correvano intorno all’asina per giocare; gli anziani ricordavano l’animale come loro compagno di lavoro e cominciavano a ritessere i fili del loro passato raccontando il proprio vissuto”. “Quest’anno, -continua l’artista, -ho modificato il tragitto. Lauria, Castelluccio, Laino Borgo, Papasidero, Orsomarso ,Verbicaro, Santa Maria del Cedro: saranno queste le tappe della sua nuova avventura. Ho voluto lasciare solo Papasidero perché c’è la grotta del Romito, un sito paleolitico dove si possono ammirare incisioni rupestri, tra le quali spicca il graffito del Bos primigenius, spesso non conosciuto dalle stesse persone che vivono dei dintorni”.Nelle intenzioni del cantastorie quindi Il ViaggioLento acquista il valore di promozione del territorio, di proposta alternativa di turismo responsabile. Ma è soprattutto un monito a rallentare il passo quello di Accardi, un invito alla lentezza in una società sempre più votata alla frenesia.L’andare a piedi diventa una filosofia di vita, un restituire valore all’incontro, secondo ritmi più naturali e umani.                                                                                      

        RASSEGNA STAMPA

“VIAGGIOLENTO", UN CANTASTORIE NEI PAESI DEL POLLINO NEL RECUPERO DEI VALORI CONTROCCORRENTE 

 

di Francesca Rennis

 

Come può venire in mente di fare il cantastorie di professione e mettersi in cammino con un asino per i sentieri del Pollino? E’ una sfida, quella che d’estate porta ormai da diversi anni Biagio Accardi a intraprendere il suo “ViaggioLento”. Un’iniziativa controcorrente perché brucia i tempi veloci della globalizzazione e il dinamismo tecnologico. Potremmo chiederci se sia un fare anacronistico o piuttosto il rigenerarsi di un antico che recupera il rapporto dell’uomo col proprio ambiente. E’ comunque un voler rompere gli schemi imposti dal consumismo, una contaminazione cercata nella tradizione, l’irrompere di un idea che trabocca di memoria e, nello stesso tempo, di atipico rispetto al già noto omologato rapporto che intratteniamo quotidianamente con la natura. Il camminare del cantastorie ritorna sulle tracce di un’umanità ormai persa nella ferocia del consumo. Incarna così valori che esulano da prospettive di dominio o di esaltazione estetica della natura per recuperare quel sentire autentico di appartenenza alla vita. Un sentimento al quale si richiama Duccio Demetrio nel suo libro “Filosofia del camminare. Esercizi di meditazione mediterranea” (Raffaello Cortina Editore, 2005) quando parla di “smarrimento nella natura”:

«Lo smarrimento nella natura, nelle vestigia antiche, il desiderio di esserne invasi fino all’annientamento della percezione, senza per questo spegnersi in essa con ogni perdita di consapevolezza, ne sono il tratto saliente ulteriore. Natura e culture lasciate dagli uomini; presente tangibile e passato rievocato, tra ruderi, edere e muschi, costituiscono la sintesi di una vocazione umanistica. Essa ha dato vita allo stile del camminare mediterraneo, nella compresenza dell’esercizio mentale e dell’esercizio del protendersi verso di esse oltre la loro contingenza» (p. 179, 2005).

E il cantastorie racconta questa esperienza ai limiti della ragione occidentale, oltre un pensiero ormai incapace di meditare, prono a disegni di sfruttamento.

«Il viaggio mi ha portato – spiega Biagio  - a circumnavigare il Pollino dell’Alto Tirreno Cosentino. Con il mio compagno di viaggio, prima con l’asina Genoveffa e poi con Tina, abbiamo attraversato i paesi posizionati alle falde di uno dei più caratteristici Parchi Nazionali della Calabria, esibendoci nei luoghi e nelle piazze che ci hanno accolto con calore e ascoltato storie narrate a suon di chitarra». Cantastorie, non per caso, ma volutamente, inseguendo valori che sembrano allontanati dalla frenetica vita di tutti i giorni. Lo fa con arte, quella abbracciata dall’associazione “Cattivoteatro”  che pone al centro delle sue iniziative valori come la solidarietà, la tolleranza, la multiculturalità, il pacifismo, l’ecologia e le tradizioni al fine di indicare un punto di incontro culturale al di fuori di logiche consumistiche. E infatti Biagio spiega ancora le ragioni di questo viaggio “anomalo” sulle proprie gambe, dove il respiro della fatica determina i tempi dell’andare e non il contrario. «Un viaggio per sensibilizzare tutti noi a rallentare, tirare un freno a questo progresso che crea falso benessere. Contro il caro benzina – ironizza – visto che l’asino va ad erba! Rallentare in questo momento storico è necessario, basta osservare tutto quello che sta accadendo nel mondo: dalle miopi guerre dei potenti per accaparrarsi quante più risorse possibili, al disastro della centrale nucleare Fukuschima, emblema della corsa sfrenata al progresso. Mentre la terra ci comunica chiaramente che ha bisogno di prendere respiro, di tornare a ritmi più umani e naturali. ViaggioLento è un esempio, una predisposizione mentale, un altro modo di vedere le cose. Passo dopo passo, calpestando terra e respirando polvere, realizzo sogni, faccio ciò che mi piace e mi sento vivo».

Camminare, porre uno dietro l’altro i piedi per misurare il terreno, sostando ad osservare i panorami offerti dalla natura, lasciandosi inondare dai colori e dai profumi della macchia mediterranea. Dalla ginestra all’erica, dal mirto all’olivo è un esplodere di tinte che con l’automobile o il treno diventano patacche sfumate messe lì per sbaglio. Lo dice Antonio Labbucci nel suo libro che Camminare è una rivoluzione (“Camminare, una rivoluzione”, Donzelli Editore, 2011). E’ un fare legato ad un pensare e ad uno stile di vita alternativo a quello dominante. Il camminare porta ad un contatto non mediato con sé, con gli altri, con la natura. Consente che le cose c’interroghino. Cogliamo la diversità e l’uguaglianza, poniamo l’orecchio all’ascolto attivando un senso che nella società globalizzata è stato sopraffatto violentemente dall’apparenza. Ascoltiamo, allargando i nostri spazi esperenziali. I luoghi s’afferrano per la vita che offrono nei vicoli, nelle piazze, negli sguardi della gente che vi abita senza sentire quella sollecitazione roboante alla modernizzazione. Un viaggio lento appartiene a quella prospettiva di pensiero che fa capolino come “pensiero meridiano”, forse un’apologia della marginalità come quando ci soffermiamo con una lente d’ingrandimento per cogliere meglio le differenze.

Come sfogliare un libro e non guardare solo la copertina, suggerisce Franco Cassano nel suo libro di qualche anno fa “Pensiero meridiano” (2001, editori Laterza &Figli). 

 

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